Comunicare è un’arte.
E anche in questo caso il galateo offre consigli e regole su come usare le parole giuste in ogni occasione. Ne ha parlato approfonditamente anche Mario Cottarelli in un libro del 2018 che non può mancare nella biblioteca di chi ama le buone maniere: Parliamo di Parolacce senza dire parolacce.
Abbiamo avuto la fortuna di avere ospite sul blog dell’Accademia proprio l’autore, Mario Cottarelli, che ci ha raccontato come è nato il suo libro e perchè è importante comunicare in modo educato.
Leggiamo le sue parole!
Mario Cottarelli
Parliamo di parolacce senza dire parolacce
Pascal Editrice
Fin da piccolo ho sentito parlare del Galateo dai miei genitori, soprattutto dalla mia mamma che ha sempre detestato le maniere rozze. Probabilmente in proposito avrei molto da imparare: non conosco tutte le regole delle buone maniere, ma certamente non sono mai stato uno sfacciato e in genere dicono che io sia una persona gentile.
In ogni caso credo di avere qualcosa in comune con le finalità di questa Accademia, come ad esempio combattere il pregiudizio secondo cui l’esteriorità sia qualcosa di futile. La forma non è quasi mai disgiunta dalla sostanza delle cose.
Personalmente mi sono concentrato in questi anni sulle problematiche del linguaggio; ciò mi ha portato a scrivere il libro “Parliamo di parolacce senza dire parolacce”. Il comportamento però non sta solo nelle parole: la gestualità ed altri aspetti sono ugualmente importanti.
In un mondo come quello attuale, orientato spesso verso la demenzialità e l’aggressività, recuperare le regole della buona educazione è indispensabile per ritrovare l’armonia dentro di noi e con gli altri.
Riguardo al linguaggio, questa armonia si perde fortemente quando dall’infanzia si passa all’adolescenza, periodo in cui l’individuo si trova sostanzialmente costretto ad usare espressioni scurrili per non sentirsi diverso dagli altri. Ciò avviene in base alla logica dei capibranco, che, pur non essendo ben identificabili, come avviene invece nel fenomeno del bullismo, dettano regole comportamentali sfruttando contemporaneamente il turpiloquio per imporsi sugli altri. In questo periodo della vita la trivialità verbale è quindi una manifestazione di conformismo che potrebbe essere persino considerata una forma di sottile bullismo. Per adattarsi alla situazione le persone finiscono perlopiù per violentare se stesse, perdendo una parte della propria bellezza interiore. Questo può portare, per compensazione, a rifugiarsi in pratiche deleterie come l’alcol e la droga.
Le parolacce sono in contrasto con l’armonia interiore innanzitutto per la loro valenza aggressiva, che ci porta a vedere la vita e il mondo sotto una luce di pessimismo.
C’è però un altro aspetto della questione: i vocaboli scurrili legati al sesso sono nati come reazione ad una repressione sessuale subita per ragioni varie nel corso dei secoli dalla popolazione occidentale; il loro suono è aggressivo proprio perché essi contengono quella visione negativa del sesso generata dalla repressione stessa; continuando a usare queste parolacce la visione negativa del sesso viene alimentata in continuazione, in un circolo vizioso che si tramanda di generazione in generazione, cosicché la sessualità è vissuta spesso in maniera nevrotica. Basti pensare al fatto che molti giovani fanno uso di Viagra, così come è nota l’ansia da prestazione degli uomini e la difficoltà a raggiungere l’orgasmo da parte delle donne.
Guarda caso i Latini, che notoriamente vivevano il sesso in maniera più disinibita rispetto a noi, chiamavano gli organi genitali con termini che non hanno nulla dell’aggressività contenuta nei vocaboli scurrili della nostra epoca: il pene era popolarmente chiamato mentula e la vagina cunnus, parole dal suono armonioso, inoffensivo. Nell’antico testo indiano Kama Sutra, il massimo della disinibizione, i genitali erano invece chiamati “lo stelo di giada” e “la porta di giada”, espressioni poetiche, elogiative, permeate di una concezione pulita e quasi onirica della sessualità.
Non potremo quindi mai vivere il sesso in modo naturale e sereno finché esisteranno le parolacce, che rappresentano un autentico insulto a tutto ciò che lo riguarda. Ecco dimostrato allora che combattere una cattiva abitudine come quella del turpiloquio non è un’azione puramente formale: è un’azione finalizzata al raggiungimento di un benessere interiore.
Mario Cottarelli
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